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La Natura Del Profitto

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Par   •  8 Mai 2013  •  1 155 Mots (5 Pages)  •  820 Vues

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Integrazione al Cap. 2 (parte su Marx)

Le contraddizioni implicite nel sistema capitalistico e l’emergere di una nuova classe rivoluzionaria (il proletariato)

LA NATURA DEL PROFITTO

Nel Capitale, Marx si propone di dimostrare che la crisi del sistema capitalistico sarà determinata da meccanismi creati dal sistema stesso, nel corso della sua evoluzione. In particolare, Marx riflette sulle condizioni economiche, connesse allo sviluppo del capitalismo maturo, che determinano,

- da un lato, il rafforzamento della classe operaia: trasformazione della CLASSE IN SE’ – insieme di soggetti che occupano la stessa posizione nel processo produttivo – in CLASSE PER SE’, vale a dire, in un soggetto collettivo capace di azione politica. Tale soggetto nasce quando la classe in sé inizia a prendere coscienza del carattere storico-sociale della propria oppressione, identifica il nemico, si dà un obiettivo, si organizza in vista del raggiungimento di tale obiettivo,

- dall’altro, l’indebolimento dei capitalisti, per effetto di meccanismi connessi alla legge della “caduta tendenziale del saggio” di profitto (gli stessi meccanismi che favoriscono nella classe operaia la presa di coscienza del proprio ruolo rivoluzionario).

Il punto di partenza della riflessione di Marx è l’interrogativo “Qual è l’origine del profitto?”.

La risposta di Marx è: il pluslavoro che determina il plusvalore sulla base del seguente meccanismo:

il tempo di lavoro dell’operaio salariato (T1) è superiore al tempo di lavoro necessario (T2) a produrre un valore corrispondente al suo salario. La differenza produce pluslavoro, che è fonte di plusvalore (di cui si appropria il capitalista, quando vende la merce ad un valore pari a T1 anziché a T2)

L’entità del plusvalore di cui si appropria il capitalista offre una misura del tasso di sfruttamento.

Poiché il profitto dipende essenzialmente dal lavoro umano (dal livello del tasso di sfruttamento), per determinare il tasso di profitto, occorre tenere conto del rapporto tra capitale fisso (capitale impiegato per l’acquisto/ funzionamento dei macchinari e per le materie prime, che non produce plusvalore) e capitale variabile (le anticipazioni salariali date ai lavoratori che producono plusvalore).

Il rapporto tra questi due tipi di capitale (fisso/variabile), viene denominato “composizione organica del capitale”: quanto più è basso il valore di tale rapporto, tanto più elevati sono i profitti e viceversa.

EVOLUZIONE DEI MEZZI DI PRODUZIONE (meccanizzazione), CON LO SVILUPPO DEL SISTEMA CAPITALISTICO E CONSEGUENZE SUL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA

Il capitalista ha tutto l’interesse a mantenere basso il valore di tale rapporto (investendo di più sul lavoro umano e di meno sulla meccanizzazione), tuttavia, come nota Trigilia (1998, p. 74): “in una situazione di concorrenza, i singoli capitalisti-imprenditori hanno interesse – anzi sono forzati – ad introdurre nuove macchine e, quindi, ad aumentare il capitale fisso a spese del lavoro. In tal modo, infatti, essi riducono il costo del lavoro e godono di maggiori profitti fino a quando anche gli altri capitalisti non saranno spinti a introdurre le stesse innovazioni” (Di fatto, il capitalista è alienato, in quanto è subordinato alle leggi della concorrenza, che ne condizionano le scelte).

Questo meccanismo ha due conseguenze: 1) provoca un aumento della disoccupazione ed una parallela diminuzione dei salari (per effetto della concorrenza fra proletari che restano disoccupati – esercito industriale di riserva – disposti a tutto pur di avere un lavoro), 2) nel lungo periodo, determina una caduta tendenziale del saggio di profitto che provoca una contrazione della produzione, crisi cicliche, ecc..

Dalla prima conseguenza discende un tale peggioramento delle condizioni di vita del proletariato, da stimolare una reazione, la presa di coscienza del proprio stato di alienazione e sfruttamento che sta alla base della volontà

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