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Le Basi Giuridiche Per Fondare Le Sanzioni Dell'UE Nei Confronti Di Persone O Enti Non Statali Collegati Con Attività Terroristiche

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Par   •  29 Septembre 2014  •  2 259 Mots (10 Pages)  •  1 002 Vues

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Le basi giuridiche per fondare le sanzioni dell’UE nei confronti di persone o enti non statali collegati con attività terroristiche

Con sentenza del 19 luglio 2012, resa nella causa C-130/10 (Parlamento c. Consiglio), la Corte di giustizia dell’Unione europea è stata per la prima volta chiamata a chiarire l’ambito d’applicazione degli articoli 75 e 215, par. 2, TFUE, disposizioni che, pur differenti quanto a formulazione e collocazione nell’ambito del Trattato sul funzionamento dell’Unione, prevedono espressamente la possibilità di sanzionare persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità prive di un legame con uno Stato terzo. La prima, inserita nell’ambito del Titolo V della Parte terza del TFUE relativo allo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, prevede l’adozione di misure sanzionatorie di carattere economico e finanziario nei confronti di individui ed entità non statali allorché “sia necessario per conseguire gli obiettivi di cui all’art. 67 [TFUE] per quanto riguarda la prevenzione e la lotta contro il terrorismo e le attività connesse”. La seconda si colloca nel differente contesto della Parte quinta relativa all’Azione esterna dell’Unione e prevede la possibilità di utilizzare il meccanismo sanzionatorio sta-bilito per colpire uno Stato terzo (v. art. 215, par. 1, TFUE) anche per l’adozione di “misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali”. In questo caso, per la concreta adozione dei provvedimenti restrittivi sarà dunque necessaria una previa decisione assunta nel quadro della Politica estera e di sicurezza comune (PESC). Ancorché sia ragionevole pensare che entrambe le disposizioni consentano l’adozione di misure sanzionatorie nei confronti di individui o enti collegati con attività terroristiche, non sono chiari i criteri che permettano di distinguere quelle che rientrano nell’ambito dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia da quelle che devono essere adottate nel quadro della PESC.

La sentenza in commento trae origine dal ricorso presentato dal Parlamento europeo avverso il regolamento (UE) n. 1286/2009 del Consiglio, del 22 dicem-bre 2009, recante modifica del regolamento (CE) n. 881/2002 che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità asso-ciate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani (in GU L 346 del 23 dicembre 2009, p. 42). Il Parlamento, in particolare, invocava l’invalidità del regolamento 1286/2009 per errata base giuridica sostenendo che esso avrebbe do-vuto essere fondato sull’art. 75 piuttosto che sull’art. 215, par. 2, TFUE. Secondo il Parlamento, infatti, poiché il regolamento impugnato mirerebbe, al pari del regolamento n. 881/2002, a combattere il terrorismo e a privarlo dei finanziamenti, esso, in quanto volto a realizzare uno degli obiettivi espressamente perseguiti dall’art. 75, rientrerebbe nel suo ambito d’applicazione (v. par. 14 della sentenza). La Corte di giustizia, nel respingere il ricorso del Parlamento, non solo ha chiarito i presupposti per l’applicazione delle due disposizioni evocate, ma ha indirettamente fornito alcune indicazioni non prive di interesse anche in una prospettiva ricostruttiva più generale.

La Corte ha innanzitutto escluso che l’assenza di un qualche riferimento alla lotta contro il terrorismo nella formulazione dell’art. 215, par. 2, abbia l’effetto di privare questa disposizione della possibilità di fungere da base giuridica per l’adozione di misure volte a colpire persone o enti collegati al terrorismo. Secon-do la Corte, infatti, “l’articolo 215 TFUE non contiene alcuna indicazione secon-do la quale le misure intese alla lotta contro [il terrorismo], adottate nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali, non potrebbero costituire le misure restrittive previste dal paragrafo 2 di detto articolo” (par. 60). Se dunque l’articolo 215, par. 2, è, al pari dell’art. 75, una base giuridica idonea per l’adozione di misure individuali volte a contrastare il terrorismo, cruciale, nel ragionamento della Corte, è l’individuazione dei criteri che consentano di ascrivere una misura sanzionatoria all’una o all’altra disposizione. Sotto questo profilo, la Corte ha precisato che “[S]e è pur vero che la lotta contro il terrorismo e il suo finanziamento è suscettibile di rientrare tra gli obiettivi perseguiti dallo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, quali risultano, segnatamente, dall’articolo 3, paragrafo 2, TUE, l’obiettivo della lotta contro il terrorismo internazionale e il suo finanziamento per salvaguardare la pace e la sicurezza a livello internazionale corrisponde tuttavia agli obiettivi delle disposizioni dei Trattati relative all’azione esterna dell’Unione” (par. 61). La Corte individua dunque nello scopo perseguito il criterio principale per assegnare una misura restrittiva ad un ambito di competenza piuttosto che ad un altro. In applicazione di questo criterio la Corte ha tratto la seguente conclusione: “[D]ato che il terrorismo costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale, le azioni attuate dall’Unione nel contesto della PESC nonché le misure adottate ai fini dell’applicazione di tale politica nel contesto dell’azione esterna dell’Unione, e in particolare le misure restrittive ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, possono avere ad oggetto la lotta al terrorismo” (par. 63). Questa conclusione è senza alcun dubbio condivisibile. È infatti ragionevole pensare che azioni volte a contrastare il terrorismo internazionale o fenomeni di criminalità organizzata debbano fondarsi sull’art. 215, par. 2, piuttosto che sull’art. 75, allorché abbiano lo scopo primario di salvaguardare la pace e la sicu-rezza internazionale, cioè obiettivi di politica estera e sicurezza comune. Il colle-gamento che l’art. 215 instaura con azioni intraprese nell’ambito della PESC fa sì che questa disposizione debba necessariamente essere utilizzata ogniqualvolta una pertinente decisione della PESC preveda l’adozione di misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali. Al contrario, l’art. 75 rileverebbe quale fondamento giuridico adeguato allorché l’obiettivo principale delle misure di contrasto a fenomeni di terrorismo interna-zionale o criminalità organizzata possa essere rintracciato nel rafforzamento della sicurezza interna dell’Unione, e quindi collegato all’affermazione di uno Spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Il nesso di ordine funzionale, che si rivela il criterio preponderante, se non l’unico, per stabilire quando una misura ricada nell’ambito dell’art. 75, o, in al-ternativa, dell’art. 215, par. 2, lascia tuttavia irrisolte alcune questioni. In applicazione di

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