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Relazione dostoevskij delitto e castigo

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Par   •  25 Novembre 2022  •  Dissertation  •  2 257 Mots (10 Pages)  •  198 Vues

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Anno Accademico 2021/2022 Relazione di Letterature Comparate Dostoevskij: tra tormento e libertà Giulia Fiore

La fama dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij (Mosca 1821–Pietroburgo 1881) inizia nel 1846 con “Povera gente”. Il suo vissuto e l’aspetto socioeconomico dell’epoca, influenzano notevolmente le sue opere. Per le idee socialiste viene condannato ai lavori forzati in Siberia, causa di traumi psicofisici, ma fonte di ispirazione per la stesura di vari componimenti narrativi. “Delitto e castigo” rappresenta il primo grande romanzo polifonico privo di personaggi minori in cui tutti danno voce ai loro pensieri, pubblicato a puntate nel 1866 sulla rivista letteraria Russkij Vestnik.

Il romanzo narra la storia di Raskòlnikov, un povero studente che progetta nei minimi dettagli l’omicidio di una vecchia usuraria con lo scopo non solo di impossessarsi dei suoi beni, ma di affermare la sua superiorità:

<<Se solo avessi ucciso me perché avevo fame […] io adesso sarei felice>>1.

Purtroppo uccide anche Lizaveta, sorella dell'usuraia, che aveva assistito all'omicidio.

Ossessionato dalla teoria del delitto secondo la quale esistono persone normali, degli inetti che obbediscono in silenzio a persone straordinarie, i Napoleone, Raskòlnikov progetta il delitto per capire a quale categoria appartenga. Ritiene indegna la vecchia usuraia per aver donato i suoi beni ad un monastero a suffragio della sua anima. Per l’orrore dell’atto compiuto è assalito da una “febbre cerebrale” che preoccupa sia la madre sia la sorella Dunja, ragazza con elevato valore morale promessa in sposa al ricco e depravato Luzin per salvare la famiglia dalla miseria. Per i suoi continui attacchi di delirio e confessioni involontarie, il giudice Porfirij intuisce che lui è l’assassino e che si sarebbe costituito autonomamente. Fino ad allora Raskolnikov non lo aveva ipotizzato, cambia idea quando racconta tutto a Sònja Marmeladova, ragazza pura di cuore, che lo induce a convertirsi, confessare il suo crimine e ad accettare la pena. Il romanzo si conclude con l’autodenuncia del protagonista condannato ai lavori forzati in Siberia, territorio gelido che raggiunge con Sònja, così come gli aveva promesso in nome del suo amore:

<<No, no, mai, e ti seguirò dappertutto!’ gridò Sònja. ‘Ti seguirò, ti seguirò dovunque! Oh Signore! […] Oh, me infelice!>> 2

Nel romanzo Dostoevskij evidenzia il bisogno di dar voce ai personaggi attraverso il monologo interiore rendendo indipendente la coscienza di questi ultimi da quella dell’autore3. Raskòlnikov è un esempio di questa tecnica narrativa, il lettore percepisce la paura e il delirio provati prima e dopo i due omicidi. Per la mancanza di esperienza lo studente sottovaluta la situazione, non ha considerato cosa fare degli oggetti di valore rubati e, soprattutto, che altri clienti possano andare dalla vecchia usuraia, così come accade:

<<E se mi infilassi in un androne, e aspettassi un po' sulla scala d'una casa qualsiasi? No, guai! E se gettassi via la scure? Se prendessi una carrozza? No, guai! guai!>>4

Lo stato di continua indecisione è presente in tutto il romanzo, Raskòlnikov non è in grado di prendere una decisione immediata senza paragonarla ad altre oppure si pente subito di quanto

[pic 1]

1 F. Dostoevskij, Delitto e castigo, Milano, Feltrinelli, 2013, p.481

2 F. Dostoevskij, Delitto e castigo, Milano, Feltrinelli, 2013, pp.479-480

3 https://gorodshapok.ru/it/motiv/v-chem-somneniya-raskolnikova-sochinenie-obraz-raskolnikova-v/

4 F. Dostoevskij, Delitto e castigo, Milano, Feltrinelli, 2013, p.35

compiuto. Il monologo interiore raggiunge il picco quando al risveglio, il protagonista, si accorge che i beni rubati sono ancora nella sua tasca e, in preda al delirio, inizia a nasconderli in un buco dove la tappezzeria si è scollata.5 Si congratula con sé stesso perché è riuscito a far entrare tutto, persino il borsellino, ma all’improvviso trasale per l’orrore. Inizia a disperarsi per come ha nascosto gli oggetti ed eliminare gli indizi (es. cappio dalla manica del cappotto).6 Continua a fare errori uno dietro l’altro, la sua facoltà di ragionare svanisce quando pensa che il vestito sia sporco di sangue, iniziando ad avere incubi; pensa che il momento del castigo sia vicino. I sogni, le allucinazioni, le preoccupazioni, i monologhi interiori di Raskòlnikov giocano un ruolo rilevante nella narrazione, anche la descrizione degli ambienti cupi di Pietroburgo (bettole, scalinate ecc…) permettono allo scrittore di rivelare il mondo interiore dei suoi personaggi comprendendo il motivo delle loro azioni.7

‘Delitto e castigo' non è l’unico romanzo in cui il lettore si immedesima nelle emozioni strazianti del protagonista; altro capolavoro del genere è ‘La Mite’. La voce narrante è quella del proprietario di un banco di pegni attratto da una sua cliente, una ragazzina bella e mite che accetta di sposarlo dopo l’approvazione delle zie. La storia d’amore non ha un lieto fine, anzi il protagonista dichiara di aver scritto il racconto dopo la morte della sua giovane sposa davanti al suo cadavere.8 Attraverso il monologo interiore vengono fuori i pensieri più intimi del protagonista, i momenti importanti della relazione fino al suicidio della ragazza.

L’uomo rimane dapprima paralizzato discolpandosi dell'accaduto, non riesce a capire cosa sia andato storto nella relazione però, dopo un’attenta riflessione, si accusa:

<<Lo so, lo so, è inutile rompersi la testa: mi aveva promesso troppo, si spaventò di non poterlo mantenere; è chiaro [] Con me si può vivere. E se fosse stata affetta da anemia? [] Ecco che cos'era, la stanchezza dell'inverno [] Delirio, delirio, questo è proprio delirio! Ecco, l'ho tormentata a morte!>>9

Nella seconda metà dell’800 per molti scrittori il suicidio femminile non è più un topos, ma diviene un vero e proprio problema. Madame Bovary, Anna Karenina ed Effi Briest sono alcune donne che hanno annientato la propria libertà. Nel romanzo ‘La Mite’ la fanciulla accetta felicemente la proposta di matrimonio rifiutando quella di un altro pretendente, un bottegaio grasso e volgare. Cosa va storto nel connubio? I primi tempi è entusiasta, racconta al marito della sua infanzia, dei genitori e della sua adolescenza, ma il marito su quell’enfasi versa solo dell‘acqua fredda.10 All’euforia risponde con il silenzio, un silenzio da “uomo orgoglioso”. A causa dell'odio profondo per l’essere umano, l’uomo del sottosuolo, rovina da sé il suo futuro, non rivela nulla alla moglie perché deve risolvere da sola l’enigma. Non pensa di farle volontariamente del male, vuole essere considerato come marito e salvatore, non come una nullità.11 Per l’assenza di voci, la mite, perde le speranze di fronte a un marito ostinato e inizia a ribellarsi, arriva al punto di non aprire bocca provando un senso di odio. L'angoscia, l'oppressione, i continui silenzi, l'amore morboso la conducono a suicidarsi, togliendo per sempre la salvezza all'uomo del sottosuolo. Quindi, oltre al monologo interiore, altra relazione che intercorre tra i due romanzi dostoevskiani è la questione femminile. Il suicidio rappresenta l'atto finale di estrema sofferenza della piccola mite, donna

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